Urbanizzazione selvaggia, siccità crescente e falde in esaurimento: la capitale afghana potrebbe essere la prima città moderna a rimanere completamente a secco.

Il cambiamento climatico sta modificando il volto del pianeta in modo sempre più visibile: stagioni irregolari, scioglimento dei ghiacciai e inverni sempre più brevi sono solo alcuni segnali. Ma c’è una conseguenza ancora più drammatica e spesso trascurata: la carenza d’acqua. A farne le spese è Kabul, capitale dell’Afghanistan, dove secondo un report dell’ONG Mercy Corps, la situazione è sull’orlo del collasso. Se non si interviene subito, la città rischia di diventare la prima metropoli moderna a rimanere senz’acqua, e il conto alla rovescia è già partito: il punto di non ritorno potrebbe arrivare entro il 2030.
Falde acquifere prosciugate e urbanizzazione incontrollata
Negli ultimi dieci anni, i livelli delle falde acquifere di Kabul sono scesi di oltre 30 metri, un dato che fotografa un’emergenza in atto. Ma non è solo colpa del clima: la crescita esponenziale della popolazione (5 milioni di nuovi abitanti in appena quattro anni), l’urbanizzazione selvaggia, la mancanza di infrastrutture adeguate e la perforazione incontrollata del suolo stanno accelerando il prosciugamento delle risorse idriche. A peggiorare il quadro c’è il conflitto con l’Iran per la gestione del fiume Helmand, che aggrava le tensioni sulla disponibilità dell’acqua. Secondo il Notre Dame Global Adaptation Index, l’Afghanistan è tra i Paesi più vulnerabili e meno preparati a fronteggiare i cambiamenti climatici.
La montagna non basta più: anche neve e piogge in calo
Fino a pochi anni fa, l’acqua di disgelo proveniente dalle montagne rappresentava una delle principali fonti di approvvigionamento per la città. Oggi, quella risorsa si sta rapidamente esaurendo. Le precipitazioni nel 2024 sono scese al 45-60% della media, mentre le nevicate si sono ridotte del 20% rispetto al periodo 2014-2020. Il sistema climatico, sempre meno prevedibile, non riesce più a garantire la ricarica naturale delle riserve idriche. Oltre il 40% delle abitazioni non ha accesso ad acqua potabile, e l’80% delle falde risulta contaminato da liquami, sostanze tossiche e inquinanti industriali. Intanto, i prezzi dell’acqua sono aumentati in modo esponenziale, rendendo la situazione ancora più drammatica per la popolazione.
Kabul come simbolo di una crisi globale
L’allarme lanciato per Kabul non è un caso isolato. Anche grandi città come Città del Capo, Melbourne, San Paolo, Las Vegas e New Orleans rischiano, nel medio periodo, di affrontare lo stesso destino. In Europa, diversi Paesi—Italia inclusa—stanno sperimentando le prime avvisaglie della crisi idrica globale. Mercy Corps sottolinea l’urgenza di interventi immediati, dalla pianificazione urbana sostenibile alla gestione efficiente delle risorse naturali. Kabul potrebbe essere solo la prima di una lunga lista, ma ha già acceso un faro su un problema troppo a lungo sottovalutato.